Qui è morta la speranza dei palermitani onesti
Davanti al murale di via Aragonesi, realizzato da Jole Spasari, di via Aragonesi, tra gli altri si stagliano i volti di Carlo Alberto Dalla Chiesa e di sua moglie, Emanuela Setti Carraro. Quel murale è più di un’opera d’arte: è un grido silenzioso contro l’oblio. Ogni volta che mi fermo lì, ripenso a una frase che qualcuno scrisse su un foglio e attaccò sul muro di via Isidoro Carini, dove si fermò la A112 crivellata di colpi: “Qui è morta la speranza dei palermitani onesti”. Io sono Ruggero, e oggi voglio raccontarvi la storia di quella notte maledetta.
Settembre era iniziato con la consueta attesa della acchianata sul Monte Pellegrino, un momento di devozione popolare verso Santa Rosalia, patrona della città. Ma quell’anno, l’atmosfera era diversa: Palermo era una città in guerra, stretta nella morsa del sangue e del terrore mafioso.
Dalla Chiesa, appena nominato Prefetto di Palermo, era arrivato sull’isola come ultima speranza per combattere la mafia, forte della sua vittoria contro il terrorismo delle Brigate Rosse. Aveva un compito immenso: dare un volto ai mandanti dell’omicidio di Pio La Torre, promotore della legge sul sequestro dei beni mafiosi, e colpire al cuore Cosa Nostra.
Ma al suo arrivo, il Generale trovò uno Stato impreparato. Mancavano strumenti legislativi adeguati, e la magistratura era ancora lontana dalle intuizioni rivoluzionarie di Giovanni Falcone. In quell’estate del 1982, la mafia fece sentire la sua sfida, eseguendo omicidi efferati proprio sotto gli occhi del nuovo Prefetto.
Alle 21:00 di quel 3 settembre, in via Isidoro Carini, scattò l’agguato. A sparare furono i killer di Cosa Nostra, tra cui Antonino Madonia e Pino Greco, detto “Scarpuzzedda”. Il bersaglio era l’auto del Prefetto, una A112 beige, a bordo della quale si trovavano Dalla Chiesa ed Emanuela. I sicari esplosero raffiche di kalashnikov, uccidendoli sul colpo.
Dietro, in una Alfa Romeo Alfetta, seguiva l’agente di scorta Domenico Russo, originario di Santa Maria Capua Vetere. Anche la sua auto fu presa di mira. Nonostante fosse già ferito, Domenico trovò il coraggio di uscire dall’auto per tentare di soccorrere il Generale e sua moglie. Quel gesto eroico gli costò ulteriori ferite: morì dopo dodici giorni di agonia in ospedale.
L’assassinio di Carlo Alberto Dalla Chiesa è rimasto avvolto da interrogativi inquietanti, già sollevati dal film “Cento giorni a Palermo”:
- Perché il Generale non ottenne i poteri speciali che aveva richiesto?
- Chi lo inviò a Palermo sperava davvero che riuscisse a sconfiggere la mafia, oppure voleva liberarsi di una figura troppo scomoda?
Queste domande riecheggiano ancora oggi, mentre si guarda il murale o si legge la targa commemorativa posta al civico 34 di via Isidoro Carini. La memoria di quella notte non può e non deve sbiadire. La speranza, morta per un istante con loro, vive oggi nei palermitani che continuano a lottare, a credere e a onorare il sacrificio di chi ha dato tutto per combattere l’ingiustizia.
Carlo Alberto dalla Chiesa nato a Salluzzo, il 27 settembre 1920. Morto a Palermo il 3 settembre 1982.
Emanuela Setti Carraro nata a Borgosesia,9 ottobre 195. Morta a Palermo il 3 settembre1982.
è stata un’infermiera italiana
Domenico Russo nato a Santa Maria Capua Vetere il 27 dicembre 1950. Morto a Palermo il 15 settembre 1982, è stato un militare italiano.