“Ah, gli anni ’80 a Palermo… ‘Na guerra, amici miei, ma non la guerra che se dice così, per modo di dire. Qua parliamo della seconda guerra di mafia, quando i Corleonesi di Totò Riina e Bernardo Provenzano decisero di prendersi tutto: comandare, comandare e basta. Per farlo, però, si misero ad eliminare chiunque gli ostacolava la strada, e non facevano certo complimenti.
Ogni giorno un morto nuovo per le strade della città, e tutti noi, nei quartieri, a mormorare: ‘Miii, a n’avutru s’asciucaru.’ Un altro hanno ammazzato. Gente che, purtroppo, c’era quasi abituata, e magari diceva: ‘Finché si scannano tra loro va tutto bene.’ Ma il problema, sapete, è che non si scannavano più solo tra loro. No, la situazione era diventata pesante, insopportabile, perché adesso il piombo dei mafiosi non colpiva solo i boss rivali: colpiva politici, imprenditori, giornalisti, uomini dello Stato. Nessuno era più al sicuro, e la città diventava una trincea.
Fu in quel periodo che alcuni uomini coraggiosi, come il capitano dei carabinieri Emanuele Basile e i magistrati Gaetano Costa e Rocco Chinnici, iniziarono a combattere davvero contro Cosa Nostra, ponendo le basi per il pool antimafia, che poi avrebbe visto l’arrivo di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Era un’epoca buia, ma di lì partì la strada che portò al maxiprocesso, un colpo come mai la mafia l’aveva preso prima.
Oggi, proprio lì a pochi passi dal Teatro Massimo, in Piazza degli Aragonesi, c’è il Muro della Memoria. È un lungo murales, una testimonianza, un omaggio a chi ha avuto il coraggio di parlare, di scrivere, di lottare contro questa piaga. Lo hanno fatto in tanti, pagando spesso il prezzo più alto. Su quel muro ci sono i volti di chi ha dato la vita per la giustizia: Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Carlo Alberto dalla Chiesa, Peppino Impastato, e tanti altri, tra cui giornalisti come Pippo Fava, che hanno usato la penna come un’arma.
È il murales più lungo d’Italia, completato nel 2022 grazie a imprese locali. Con i suoi colori vivaci, trasmette un senso di speranza, un richiamo a quel coraggio che ha cambiato la storia di Palermo e della Sicilia. E ci sono pure frasi celebri di questi eroi, che risuonano come un monito, come un grido contro la mafia.
Quest’opera non è solo un tributo; è un simbolo, amici miei. Un simbolo di bellezza e di riscatto. E quando passate da lì, sappiate che quegli occhi vi guardano e vi ricordano di non dimenticare mai.
Mi chiamo Ruggero, e questa è la mia città, Palermo. Una città bella e amara, fatta di luce e di ombre. Ogni giorno passo per Piazza degli Aragonesi, e mi fermo davanti a quel muro che, da qualche tempo, è diventato il nostro Muro della Memoria. Un tempo era solo un vecchio muro di cinta, spoglio e silenzioso. Ora, invece, racconta storie che nessuno deve dimenticare.
Sul muro ci sono i volti di chi ha dato la vita per questa terra, gente che ha lottato senza paura contro il mostro della mafia, anche quando sembrava impossibile. Sono giudici, poliziotti, carabinieri, giornalisti, persone comuni che hanno messo la giustizia e la dignità prima di tutto. Ogni volto è una storia, un sacrificio, una speranza.
Camminando davanti a quei ritratti, mi sembra di sentire le loro voci, di vederli ancora in vita, fieri e determinati. È come se ognuno di loro volesse parlarci, ricordarci che non sono andati via davvero, che ci guardano ancora. Ognuno ha lasciato un segno indelebile e a noi, oggi, resta il compito di non dimenticare.
E allora, lasciate che vi racconti chi sono queste persone.
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