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Volti e voci di giustizia il Muro della legalità a Palermo (quindicesima puntata)

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La penna contro l’omertà: Leonardo Sciascia e la mafia

 

Il Murales della Legalità di Palermo, situato in piazza degli Aragonesi, celebra figure eroiche che hanno dedicato la vita alla lotta contro la mafia, spesso pagando con il sangue il loro impegno. Accanto ai volti di magistrati e poliziotti, come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, il murales onora anche artisti che hanno combattuto questa battaglia con il potere della parola e delle immagini: Andrea Camilleri, Letizia Battaglia e Leonardo Sciascia.

Leonardo Sciascia: Precursore della denuncia letteraria contro la mafia

Tra questi artisti, Leonardo Sciascia occupa un posto di rilievo come il primo scrittore a portare la mafia al centro della narrativa italiana. Nato l’8 gennaio 1921 a Racalmuto, in provincia di Agrigento, e scomparso a Palermo nel 1989, Sciascia ha dedicato la sua opera alla Sicilia e alle sue contraddizioni. Fin dagli anni Cinquanta, attraverso romanzi, saggi e articoli giornalistici, ha denunciato l’influenza pervasiva della mafia in un periodo in cui molti ne negavano perfino l’esistenza.

Nel 1961, con Il giorno della civetta, Sciascia scrisse il primo grande romanzo italiano sulla mafia. Ambientato in una Sicilia rurale e ancora in gran parte sottomessa al potere mafioso, il libro rompe il silenzio, rappresentando l’omertà e il sistema mafioso come un fenomeno strutturale e non solo criminale. Questo romanzo, accolto con grande clamore, è considerato una pietra miliare nella letteratura italiana e uno dei primi tentativi di portare il tema della mafia a livello nazionale.

La definizione degli uomini: il celebre passaggio di don Mariano

Un estratto particolarmente celebre de Il giorno della civetta, riportato anche sul murales, è il dialogo in cui don Mariano, personaggio simbolico del sistema mafioso, divide l’umanità in cinque categorie:

«Io» proseguì poi don Mariano, «l’umanità la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i piglianculo e i quaquaraquà».

La categoria dei “quaquaraquà”, modellata sul verso delle oche, rappresenta gli individui senza valore, chiacchieroni e incapaci di azioni significative. Questo termine, nato dal gergo mafioso, è oggi divenuto un’espressione comune per indicare chi manca di dignità o coerenza.

L’impegno giornalistico e civile

Oltre che scrittore, Sciascia fu un giornalista prolifico, collaborando con testate come La Stampa, il Corriere della Sera e il quotidiano siciliano L’Ora. In quest’ultimo pubblicò il suo primo articolo nel 1955, inaugurando una collaborazione che sarebbe durata fino alla morte. Nei suoi articoli, Sciascia affrontò con lucidità e coraggio i nodi irrisolti della Sicilia: dalla mafia alla corruzione, dalla giustizia alla politica.

Un’eredità viva

Leonardo Sciascia non fu solo un cronista e narratore della realtà siciliana, ma anche un pensatore critico, capace di anticipare dibattiti e questioni che avrebbero segnato i decenni successivi. Come lui stesso affermava:

«Non sono infallibile, ma credo di aver detto qualche inoppugnabile verità.»

Nel Palazzo Comitini, a Palermo, una sala è dedicata a lui, arricchita da un’opera bronzea realizzata dallo scultore Mario Pecoraino nel 1973, che perpetua la memoria di un uomo il cui impegno continua a ispirare generazioni.

Insieme a Camilleri e Battaglia, Sciascia rappresenta l’arma della cultura contro il silenzio e la violenza. La loro presenza sul murales della legalità è un tributo alla forza della parola e dell’arte come strumenti di giustizia.

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Salvino Arena

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