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Volti e voci di giustizia il Muro della legalità a Palermo (decima puntata)

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La Strage di Capaci: un sacrificio che ha cambiato la storia

 

Nel cuore del Muro della Legalità, si erge l’immagine di un uomo simbolo, un faro nella lotta contro la mafia: Giovanni Falcone. È il 23 maggio 1992, un giorno che segnerà per sempre la storia d’Italia. Sono le 17:56 e 48 secondi quando l’autostrada che collega Punta Raisi a Palermo esplode in un inferno di fuoco. Mezza tonnellata di tritolo squarcia la terra, sollevandola come un’onda. L’asfalto si apre, vomitando massi, fumo e alberi divelti, mentre il cielo si tinge di rosso, come se un vulcano fosse esploso tra il mare e le colline palermitane.

Quella tragica sera, Giovanni Falcone stava rientrando a casa da Roma. Il suo volo da Ciampino era atterrato all’aeroporto di Punta Raisi intorno alle 17:38. Ad attenderlo c’erano tre Fiat Croma blindate. Alla guida della Croma bianca sedeva lo stesso Falcone, con accanto la moglie Francesca Morvillo e il suo autista giudiziario Giuseppe Costanza. Precedeva il giudice una Croma marrone, con gli agenti Vito Schifani, Antonio Montinaro e Rocco Dicillo, mentre a chiudere il corteo c’era una Croma azzurra, con a bordo gli agenti Paolo Capuzzo, Gaspare Cervello e Angelo Corbo.

All’altezza del comune di Isola delle Femmine, nei pressi dello svincolo per Capaci, un commando mafioso appostato in una casetta bianca — ora simbolicamente segnata dalla scritta “NO MAFIA” — attivò il detonatore. L’esplosione distrusse il convoglio, uccidendo Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e tre agenti della scorta: Schifani, Montinaro e Dicillo. Gli unici sopravvissuti furono Costanza, Capuzzo, Cervello e Corbo, scampati per miracolo alla furia devastante.

Oggi, il luogo della strage è diventato un giardino, chiamato “Quarto Savona Quindici”, in omaggio alla sigla radio della Croma blindata distrutta nell’attentato. Situato nel comune di Isola delle Femmine, il giardino è stato progettato dagli architetti Valentina Careri, Fabrizio Cassibba e Michele Giletto, con l’intento di restituire vita e dignità a un luogo segnato dalla tragedia.

Lungo l’autostrada, le Stele di Capaci rendono omaggio alle vittime. Due monumenti, posti uno di fronte all’altro, si ergono come sentinelle della memoria, orientati verso la casetta “NO MAFIA”. Chiunque percorra questa strada può scorgere un tributo silenzioso ma potente a chi ha sacrificato la propria vita per un ideale più grande.

Giovanni Falcone nacque il 18 maggio 1939 a Palermo, nel quartiere della Kalsa. Dopo un breve periodo all’Accademia Navale di Livorno, scelse la giurisprudenza, laureandosi nel 1961. La sua carriera lo consacrò come il magistrato simbolo della lotta alla mafia. Nonostante ostacoli, minacce e attacchi anche dall’interno della magistratura, Falcone portò avanti un lavoro rivoluzionario, creando strumenti giuridici come il maxiprocesso e il pool antimafia, insieme al collega e amico Paolo Borsellino.

Dal 2015, Giovanni Falcone riposa nella Chiesa di San Domenico a Palermo, il Pantheon degli uomini illustri della città. Sulla sua lapide è inciso un semplice ma potente epitaffio: “Magistrato. Eroe della lotta alla mafia”.

Francesca Morvillo, nata il 14 dicembre 1945, seguì le orme del padre Guido diventando magistrato. Per 16 anni si dedicò ai minori presso la Procura di Palermo, lavorando con impegno per proteggere i più vulnerabili. Era una donna discreta e riservata, ma con una forza interiore immensa. Nell’attentato perse la vita accanto al marito, il grande amore della sua vita. Oggi riposa nel cimitero di Sant’Orsola, dove la sua presenza è ancora viva nei cuori di chi crede nella giustizia.

La strage di Capaci è stata un trauma collettivo, ma anche un punto di svolta nella lotta contro la mafia. Il sacrificio di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e degli uomini della scorta non è stato vano: ha innescato una ribellione morale che continua a ispirare. Oggi, il loro ricordo non è solo un monumento, ma un invito a perseguire con coraggio la giustizia, affinché la luce della legalità prevalga sempre sull’oscurità del crimine.

 

 

 

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