Il 3 settembre 1982, a Palermo, il tramonto si tinse di sangue. Il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, Prefetto del capoluogo siciliano da soli cento giorni, viaggiava a bordo di una A112 Elegant color caffè latte, targata Roma Y97252. Accanto a lui sedeva la moglie Emanuela Setti Carraro, sposata solo due mesi prima. Nella vettura di scorta, un’Alfetta della polizia seguiva con l’agente Domenico Russo.
Palermo era una città in guerra, oppressa dal potere della mafia. Dalla Chiesa, esperto nella lotta contro il terrorismo delle Brigate Rosse, era stato inviato dal governo per combattere l’arroganza di Cosa Nostra. Tuttavia, era stato lasciato solo, privato dei poteri necessari per affrontare un nemico invisibile e spietato.
Quella sera, intorno alle 21:15, la piccola A112 svoltò in via Isidoro Carini. In quell’istante fatale, un’auto con a bordo un commando di sicari si affiancò alla loro vettura. Sul marciapiede, un uomo attendeva con un fucile mitragliatore AK-47 Kalashnikov. La trappola era stata innescata.
I colpi squassarono il silenzio della sera. L’auto fu bersagliata da una raffica implacabile di proiettili, che frantumarono il parabrezza e perforarono la carrozzeria. Il cofano si sollevò per l’impatto. Carlo Alberto Dalla Chiesa morì all’istante, colpito ripetutamente al torace. Accanto a lui, Emanuela cercò istintivamente riparo, ma fu tragicamente colpita anch’essa, il suo corpo riverso sul sedile. Quel giorno tragico, le strade di Palermo furono teatro involontario di un agguato brutale ordito dalla mafia siciliana.
Oggi, la A112, esposta nel museo storico di Voghera, porta ancora i segni indelebili di quell’attacco brutale: i buchi sul parabrezza e il cofano semi-aperto sono mute testimonianze di un crimine che ha scosso l’Italia intera. Ma dietro questi segni di violenza si cela una storia che affonda le radici nella Seconda Guerra Mondiale.
Durante quegli anni bui, Antonia Setti Carraro, una giovane infermiera, salvò un soldato ferito. Quest’uomo, che poi divenne padre Natale Molteni, aveva il desiderio di diventare sacerdote e Antonia, con il suo gesto, gli permise di mantenere le “dita canoniche”, essenziali per benedire i fedeli. Questo legame si tramandò per trent’anni, fino a quando il destino li riunì durante una festa della Croce Rossa.
Emanuela, figlia di Antonia, affascinata dalla storia di padre Molteni, lo scelse come suo direttore spirituale e, infine, come marito. Pochi mesi dopo il loro matrimonio, la tragedia colpì: Carlo Alberto Dalla Chiesa e Emanuela furono uccisi, la loro A112 trasformata in un simbolo doloroso di ingiustizia e coraggio.
La madre di Emanuela, devastata ma determinata a onorarne la memoria, donò l’auto crivellata dai proiettili al Museo Civico di Voghera, grazie all’intercessione del commendator Giuseppe Beccari e di padre Molteni.
Oggi, molti anni dopo il massacro di Palermo, quella A112 continua a suscitare intense emozioni tra i visitatori del museo, ricordando loro il sacrificio di due vite dedicate alla giustizia e alla speranza di un’Italia migliore.
Foto l’A112 di Carlo Alberto Dalla Chiesa nel museo di Voghera