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I racconti di Ruggero: “Il Villino Florio: Memorie di un’infanzia tra paura e passione per il calcio”

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Siamo un gruppo di ragazzi in vacanza a Palermo e con il nostro amico palermitano  Ruggero, stiamo girando la città . E’ bello passeggiare con Ruggero perchè lui ci racconta la Storia e le storie di questa città che lui definisce “Confusamente armoniosa”.

Dopo aver visto il Palazzo di Giustizia. leggiamo il nome della strada che abbiamo alla nostra destra: Corso Camillo Finocchiaro Aprile, già Corso Olivuzza.

Dato che alcuni di noi hanno letto i romanzi di Stefania Auci “I leoni di Sicilia” e “L’inverno dei leoni” chiediamo se questa è la strada che Porta al “Villino dell’Olivuzza”

Ruggero ci dice che ci accompagnerà con piacere a visitare il Villino Florio e ci confida che il Villino Florio ha per lui un significato affettivo, poiché gli ricorda la sua infanzia quando l’edificio rappresentava una sorta di spettro spaventoso.

Ci incamminiamo lungo il coloratissimo Corso Finocchiaro Aprile una strada commercialmente ben servita, e il nostro amico inizia a raccontarci quello che sa sul gioiello liberty che è il Villino Florio.

Il villino fu ideato e progettato tra il 1900 e il 1901 da Ernesto Basile, su richiesta della Famiglia Florio. In origine, era una sorta di “padiglione di delizia” situato in mezzo a un parco romantico, un luogo di ritrovo che ospitò illustri ospiti, tra cui il Kaiser Guglielmo II.

 

Dopo la fine della dinastia dei Florio, il villino fu abbandonato e nel 1962 subì un incendio doloso che distrusse quasi completamente gli interni e danneggiò alcune parti del paramento murario esterno. Per molti anni, i palermitani potevano solo ammirare la facciata attraverso una cancellata di ferro, immaginando cosa potesse nascondersi all’interno.

 

Tuttavia, nel 1984 il villino divenne proprietà della Regione Sicilia e fu sottoposto a lavori di restauro che lo riportarono al suo antico splendore. Ora è possibile visitarlo e ammirare questo capolavoro in stile Liberty, che è diventato una delle più importanti opere architettoniche di questo genere in Italia.

Ruggero continua il suo racconto, tornando all’infanzia e alle gioie dei giochi di strada. Racconta come il Super Santos, il pallone arancione con linee nere, fosse fondamentale per le partite in strada tra i ragazzi italiani. Rievoca le sfide nei campi improvvisati, le squadre formate con il gioco della morra e le regole ferree, come l’obbligo di riprendere il pallone se veniva mandato fuori dal rettangolo di gioco.

Ruggero ci racconta che il Villino Florio ha un’importanza affettiva per lui perché gli ricorda la sua infanzia quando l’edificio era sinonimo di paura. Per generazioni intere di ragazzi italiani, il Super Santos, il pallone arancione con linee nere, è stato l’elemento fondamentale per interminabili partite in strada. Era un’impresa fare la colletta per raggranellare le 2500 lire necessarie per acquistare il mitico pallone. Molti palloni finivano male, bucati accidentalmente o tagliati da chi era disturbato dagli schiamazzi dei bambini.

 

Per le partite improvvisate in strada, le squadre solitamente si formavano con il gioco della morra, e i migliori venivano scelti per primi. Tra i pali improvvisati con mezzi di fortuna finivano spesso i due cicciottelli. Prima del fischio d’inizio, il più grande della comitiva intimava dicendo “Chi causa la bucatura della palla deve ricomprarla a proprie spese” e il malcapitato che mandava la palla fuori dal rettangolo di gioco era obbligato a riprenderla.

 

Le partite equilibrate non decretavano mai un vincitore perché non esisteva il Fair play, nessuno voleva perdere. I ragazzini passavano tanto tempo in strada, ritirandosi solo quando i genitori li chiamavano a gran voce dai balconi, annunciando l’ora di ritirarsi e il pranzo pronto.

Ruggero e gli altri ragazzi del corso Olivuzza non avevano uno spiazzo dove giocare a palla e cercavano costantemente strade poco trafficate. Una delle preferite era via Antonino Pasculli, situata tra la scuola Luigi Capuana e il retro del Villino Florio. Durante le vacanze pasquali, si ritrovavano sopra il muretto perimetrale della scuola per organizzare le loro interminabili partite al pallone.

 

Fu uno di quei giorni di vacanza che Ruggero si avventurò all’interno del giardino del Villino Florio. Mentre giocavano per strada, c’era sempre la presenza costante di un loro amico di nome Salvatore, noto come Scimmietta, che non giocava a calcio ma veniva per cercare di guadagnare qualche spicciolo. Se il pallone finiva in un luogo difficile da raggiungere, Scimmietta si prestava ad andare a recuperarlo in cambio di qualche moneta, dimostrando abilità nell’arrampicarsi.

 

Ruggero ricorda l’episodio in cui il pallone finì all’interno del Villino Florio a causa di una sua azione per evitare un gol. Chiese a Scimmietta se poteva andare a recuperarlo, promettendo di dargli centolire il giorno successivo. Tuttavia, Scimmietta si rifiutò e disse a Ruggero che doveva pagare prima che lui si arrampicasse. Era una minaccia velata, poiché sapeva che Ruggero aveva paura di oltrepassare la ringhiera del Villino Florio.

Ruggero aveva effettivamente paura dell’edificio incendiato e ricorda di chiudere gli occhi quando passava di sera con i suoi genitori vicino al Villino, contando per distrarsi dalla vista dell’edificio ancora segnato dall’incendio. Tuttavia, poiché non aveva i soldi per pagare Scimmietta e i suoi amici lo incitavano a riprendere il gioco, Ruggero trovò il coraggio di oltrepassare la cancellata massiccia e avventurarsi all’interno.

Appena varcò la soglia, la sua curiosità lo spinse ad avvicinarsi alla palazzina. Spostò alcune piante che coprivano una delle finestre e guardò dentro, rimanendo colpito dalla vista delle ringhiere di una scala carbonizzata, il camino carbonizzato, le pareti scrostate e le sedie bruciate accatastate in un angolo.

Mentre cercava di immaginare la palazzina nel suo antico splendore, fu Scimmietta a farlo sussultare. Deluso per il mancato guadagno, Scimmietta aveva scavalcato la ringhiera e, uscendo dai cespugli, gridò “scappa, scappa, chi c’è a sicca”. Ruggero corse via come un pazzo e in un attimo si ritrovò in strada, ma senza il pallone.

Dalla parte opposta della ringhiera, Ruggero intimò a Scimmietta di recuperare il pallone una volta fuori, minacciando di darli delle legnate. Ancora piegato dalle risate per averlo spaventato, Scimmietta prese il pallone e glielo lanciò in strada.

Infine, Ruggero menziona che Salvatore, detto Scimmietta, divenne famoso nel 1989 nel film “Mery per sempre,” diretto da Marco Risi. Il film è ambientato nel carcere minorile di Palermo, il Malaspina, e racconta le storie di vari ragazzi, offrendo una visione cruda e sincera delle loro vite.

Ma chi era “la sicca” che ti aveva messo tanta paura? Chiediamo.
Si dice che il villino era abitato dai fantasmi e una di questa era quello della “Sicca”, ovvero Giovanna Dondes la mamma dell’ultimo erede dei Florio Ignazio marito di Franca Trigona.
Il ricordo del Villino Florio, con le sue misteriose e decadenti rovine, si sarebbe fissato indelebilmente nella mente di Ruggero per tutta la sua vita. Nonostante il terrore che provava da bambino a entrarci, quel giorno aveva iniziato a svelare un mondo nascosto, un passato di lusso e grandezza ormai sbiadito, ma ancora intrappolato tra le pareti carbonizzate.

Il tempo passò, e con esso, anche le strade polverose dove Ruggero e i suoi amici giocavano a calcio con il Super Santos. La crescita li portò lontano dalle partite interminabili e dalle dispute per il pallone bucato. Ma il ricordo di quei giorni felici rimase sempre vivo.

Da quel giorno  Ruggero guardò il Villino con occhi diversi ora, senza più paura, ma con un senso di gratitudine per quelle avventure d’infanzia che avevano plasmato la sua vita. Mentre contemplava il passato e il futuro della città, sapeva che, come Scimmietta, anche Palermo aveva la sua storia da raccontare, fatta di alti e bassi, ma sempre ricca di storie umane.

FOTO: Villino Florio (Giulia D’Acquisto)

Brano tratto da “Passeggiata con i racconti di Ruggero”

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