Il 14 febbraio, la Chiesa rende omaggio ai “20 Beati Mercedari di Palermo”, uomini di fede e carità che offrirono la propria vita per assistere i malati durante la terribile pestilenza del Seicento. Tra di loro, spicca la figura luminosa del Beato Vincenzo Salanitro, nato a Ciminna (PA) nel 1591 e divenuto simbolo di dedizione e sacrificio.
Battezzato nella Chiesa Madre di Ciminna, fin da giovane Vincenzo sentì la chiamata alla vita religiosa e scelse di entrare nell’Ordine dei Padri Mercedari, un’istituzione fondata con l’obiettivo di liberare i cristiani schiavi dei Mori e dedita alle opere di misericordia. La sua vocazione, però, lo portò ben oltre il servizio ordinario: quando la città di Palermo fu colpita da una devastante epidemia, Vincenzo si distinse per la sua straordinaria abnegazione.
In un’epoca in cui la peste seminava terrore e morte, molti fuggivano nel tentativo di salvarsi, ma Vincenzo e i suoi confratelli scelsero di restare. Giorno e notte si prodigava per curare i malati, confortare i moribondi e seppellire i defunti con dignità. Il suo animo generoso e la sua instancabile opera di assistenza lo portarono inevitabilmente al contagio. Nonostante la malattia, continuò a servire fino all’ultimo respiro, spegnendosi il 26 ottobre 1626, diventando così un martire della carità.
I suoi resti riposano nella Chiesa della Mercede al Capo, dove una lapide ne ricorda il sacrificio con la semplice ma potente iscrizione: “Hic Salanitro iacet die 26 octobris 1626”. Anche la sua Ciminna natale conserva la sua memoria con profonda devozione: nella Chiesa Madre, la sua effige è posta sulla colonna di sinistra prima dell’altare del Santissimo Sacramento, a testimonianza del suo esempio di santità e servizio.
Il Beato Vincenzo Salanitro non fu solo: insieme a lui, altri 19 confratelli mercedari scelsero la via del sacrificio, tra cui Stefano Marchesi, Pietro Nolasco, Giovanni Battista Mansa e Gaspare de Ortega. Tutti loro, spinti dalla fede e dall’amore per il prossimo, dedicarono la propria vita ai sofferenti, accettando il martirio in nome della carità.
L’Ordine dei Padri Mercedari, a cui apparteneva Vincenzo, affonda le sue radici nella notte tra l’1 e il 2 agosto 1218, quando la Beata Vergine Maria apparve a San Pietro Nolasco, San Raimondo da Pegnafort e al re Giacomo I d’Aragona, chiedendo loro di fondare un ordine dedicato alla liberazione dei cristiani prigionieri. Oltre ai tre voti tradizionali di castità, povertà e obbedienza, i Mercedari ne aggiunsero un quarto: offrire se stessi in cambio della libertà degli schiavi che rischiavano di abiurare la fede cristiana. Da allora, l’Ordine è stato un faro di speranza per i bisognosi, portando avanti la sua missione anche in Sicilia dal XV secolo, quando venne loro concesso il privilegio di fondare un convento nell’isola.
A Palermo, i Mercedari si insediarono inizialmente nella chiesetta normanna di Sant’Anna al Capo, ma nel 1482, a seguito di controversie con i confrati della Confraternita dei “Frinzari”, fondarono la Chiesa della Madonna della Mercede, prima dedicata a questa devozione in Sicilia. Oggi, la memoria di quei religiosi, e in particolare del Beato Vincenzo Salanitro, continua a vivere nel cuore di chi vede nella carità e nel sacrificio la più alta espressione dell’amore cristiano.
Foto Madonna della Mercede venerata al Capo