I siciliani storicamente sono sempre stati un popolo orgoglioso di se stesso così come ci raccontano i filosofi Marx ed Engels:
“In tutta la storia dell’umanità nessun paese e nessun popolo hanno sofferto terribilmente per schiavitù e conquiste l’oppressione straniera, nessun paese e nessun popolo ha lottato così strenuamente per la propria emancipazione quanto la Sicilia e i siciliani. […] Così il suolo siciliano si è sempre dimostrato letale per gli oppressori e gli invasori, e i Vespri siciliani restarono immortalati nella storia.
Si, è vero il popolo siciliano è sempre stato un popolo rivoluzionario, ma concretamente alla fine ha sempre perso qualcosa, forse l’unica vera rivoluzione con esito trionfale fu quella del 1282, “I vespri siciliani”, quando riuscì a cacciare il mal governo francese.
Con la definizione I Vespri siciliani si racconta di una ribellione scoppiata a Palermo all’ora dei vespri di Lunedì dell’Angelo nel 1282. Bersaglio della rivolta furono i dominatori francesi dell’isola, gli Angioini, avvertiti come oppressori stranieri. Da Palermo i moti si sparsero presto all’intera Sicilia e ne espulsero la presenza francese.
Era il 31 marzo 1282, davanti la Chiesa di Santo Spirito, oggi inglobata all’interno del cimitero di Sant’Orsola, quando scoppiò la rivolta
A Palermo e in tutta la Sicilia il popolo era stanco per il mal governare dei francesi e la tensione era evidente in modo palese nel palermitano.
Il Giustiziere di Palermo aveva predisposto, fiutando il malcontento della cittadinanza, un severo servizio d’ordine, e aveva posizionato in vari punti della città dei controlli in modo che si accertasse che nessuno portasse armi con sé, per far ciò, i soldati francesi perquisivano tutti coloro che si spostavano, dato che era il periodo pasquale e molti si recavano nelle chiese per venerare il Cristo risorto nei pressi dei luoghi di culto c’erano punti di controllo.
I cittadini, temendo rappresaglie dei francesi, i quali a loro volta cercavano la scusa per picchiare e derubare, non avevano armi al seguito, cosicché i soldati cercavano di provocarli in ogni modo.
Era l’ora dei vespri e mentre alcuni passeggiavano, altri coglievano fiori, in attesa dell’arrivo del cardinale, davanti la chiesa di Santo Spirito giunse alla chiesa una bellissima fanciulla, accompagnata dai genitori, dallo sposo e dagli altri parenti. Un francese, un certo Droghetto, con la scusa di controllare se ella portasse addosso armi del suo sposo o di altri, le cacciò le mani tra le vesti e le toccò il petto. Subito tra la folla si alzò un tumulto, un giovane sfoderò la spada dello stesso Droghetto e lo uccise: tutti allora cominciarono a raccogliere pietre per attaccare gli oppressori, ne uccisero più di 200 e la rivolta ebbe inizio.
Questa fu la scintilla che accese la rivolta.
Si racconta che per identificare i francesi che impauriti si mimetizzatisi tra la folla, i palermitani, si servirono di uno stratagemma, approfittando del fatto che i francesi tendevano, e tendono ancora, a pronunciare la c come s: i ribelli intimavano a chiunque si trovasse per strada di pronunciare la parola ciciri, ovvero ceci in siciliano. L’accento finiva per tradire i francesi che pronunciavano sisiri e venivano infilzati di spada.
I ciciri, sono i ceci, i palermitani con la farina di questo legume povero amano preparare un a preziosissima prelibatezza del cibo da strada; la panella
La ribellione diede avvio a una serie di guerre, chiamate “guerre del Vespro” per il controllo della Sicilia, che si conclusero definitivamente con il trattato di Avignone del 1372.
Foto: Chiesa di Santo Spirito, nel cimitero di Sant’Orsola.