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Il Martirio di Padre Giovanni Battista Sidoti: Un legame tra Sicilia e Giappone

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In Corso Vittorio Emanuele, a Palermo, si erge una targa bilingue in italiano e giapponese, dedicata a padre Giovanni Battista Sidoti, il missionario che portò il Vangelo fino in Giappone, dove trovò la morte come martire. La lapide, posta sul muro esterno della Biblioteca centrale della Regione Siciliana di Palermo, anticamente sede del Collegio Massimo dei Gesuiti, testimonia il legame profondo tra padre Sidoti e la città dove si laureò in Sacra Teologia.

Nato a Palermo il 22 agosto 1667, il sacerdote siciliano Giovanni Battista Sidoti fu un ardente missionario. La sua missione in Giappone, un paese isolato dal resto del mondo all’epoca, fu segnata da difficoltà e persecuzioni. Nel 1708, venne arrestato e trasferito da Nagasaki a Tokyo, dove fu interrogato dal consigliere dello shogun, il neoconfuciano Hakuseki Arai. Condannato all’ergastolo, Sidoti subì privazioni e stenti indicibili.

Il 27 novembre 1714, dopo essere stato rinchiuso in una piccola cella buia e sotterranea, padre Sidoti morì a causa delle terribili condizioni di prigionia. Durante il suo periodo di detenzione, riuscì a convertire due dei suoi guardiani, Chôsuke e sua moglie Haru. Alla sua morte, fu sepolto insieme a loro, testimoniando il profondo impatto della sua missione.

La memoria di padre Sidoti, seppellita per secoli, è stata riportata alla luce nel luglio del 2014, quando i suoi resti, insieme a quelli dei due giapponesi da lui battezzati, furono casualmente ritrovati durante dei lavori edili nel quartiere di Myogadani, a pochi passi dal centro di Tokyo.

La targa commemorativa nella sua città natale fu eretta il 30 novembre 2019, grazie all’opera delle maestranze del COIME, sottolineando il ricordo indelebile di un uomo che sacrificò la propria vita per diffondere il messaggio evangelico fino ai confini più remoti del mondo.

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