Suca , un imperativo a chiaro sfondo sessuale che ormai da anni si è trasformato nella più diffusa delle esclamazioni. Più che un’offesa, un goliardico augurio, più che un invito un vero e proprio mantra che si è materializzato ovunque sui muri, sui portoni, sui banchi dei licei.
Sull’imperativo SUCA Alessandra Agola, studentessa di Scienze della comunicazione all’università di Palermo ha preparato la sua tesi di laurea. Fulvio Abbate scrittore palermitano nel “Zero maggio a Palermo” del 1990, e ripubblicato dalla Nave di Teseo nel 2017, dice: “Non è importante che suca accompagni un nome, suca non ha genere, non è maschile né femminile, e solo di rado ha bisogno di un volto certo cui rivolgersi: suca è come un punto fisso dello spazio e può bastare, come ogni insulto, anche soltanto a se stesso”.
Suca è l’incipit dei tifosi rosanero per distrarre e confondere il portiere avversario mentre si accinge a battere una rimessa dal fondo, in quel momento ha inizio un palleggio di parole dalla Curva Nord alla Curva Sud.
Suca nella voce verbale:
- terza persona singolare del presente semplice indicativo di sucari
- seconda persona singolare dell’imperativo di sucari
Nella versione più volgare suca è esortazione a praticare una fellatio
“Suca chi legge” spesso fa capolino sulle pareti senza avere un obbiettivo predefinito.
800A è l’espressione mascherata, e meno volgare, di suca, la
S si chiude per diventare un 8, la U e la C vengono arrotondate fino a trasformarsi in due zeri e la A rimane. E’ un significante che si appropria del significato, 800A di per se non significa nulla»
“Suca” di fatto è anche diventata un’icona in tutta la città. Infatti appare sui muri con alcuni murales o semplici scritte, quando qualcuno ha voglia di scrivere e non sa cosa dire gli basta scrivere questa parolina di quattro lettere e “Agneddu e sucu e finiu u vattiu”,
Foto Natale (R. Benigno) in “Ragazzi fuori” gridando dice Suca