Boris Giuliano: l’uomo che sfidò la mafia (Foto 2)
Il primo omicidio eccellente raccontato nel “Muro della Legalità,” situato davanti all’ex Monastero di San Vito (precedentemente noto come monastero di Santa Maria di tutte le Grazie e oggi Caserma “Giacinto Carini” del Comando Provinciale Carabinieri di Palermo), è quello del capo della squadra mobile di Palermo, Boris Giuliano. L’opera è stata realizzata dall’artista Totò Calò, che ha voluto riportare anche una frase pronunciata da Boris Giuliano: Intuisco che esista un legame tra la criminalità organizzata e lo Stato.
Amici miei, eccomi qua, sempre io, Ruggero, pronto a raccontarvi ancora una volta la storia di Boris Giuliano, un uomo che ha lasciato un segno indelebile a Palermo. Questa volta voglio portarvi indietro nel tempo, facendovi rivivere i giorni in cui un uomo come lui camminava tra di noi.
Cominciamo dall’inizio. Boris, anagraficamente Giorgio Boris Giuliano, nasce a Piazza Armerina nel 1930. Come tanti ragazzi siciliani dell’epoca, fa le valigie e parte verso il nord in cerca di un futuro migliore, alla ricerca di lavoro e di una vita dignitosa. Ma quel giovane, in realtà, non si è mai allontanato veramente. Anche da lontano, i suoi pensieri restavano legati a questa terra, che sa trattenere chi la ama, come un richiamo irresistibile.
Uno come lui non poteva restare nell’ombra. Negli anni ’60 decide di entrare in Polizia. Non era una scelta da poco: Boris voleva fare la differenza. Passo dopo passo, si fa strada, e nel 1963 chiede di tornare a Palermo. Avrebbe potuto restare dove si trovava, ma invece decide di tornare nella città che non è mai stata priva di problemi, dove spesso sembra che la mafia faccia parte della vita quotidiana, quasi fosse una normalità. Ma lui a quella “normalità” non voleva proprio adattarsi.
Diventa capo della Squadra Mobile, e non certo per caso! Si circonda di persone valide, di colleghi che credevano nella giustizia quanto lui. La chiamavano “La Squadra dei Giusti.” E con quel nome, insieme, hanno fatto la storia. Negli anni ’70, quando i boss di Cosa Nostra si sentivano intoccabili, lui e i suoi uomini li hanno messi con le spalle al muro, uno dopo l’altro, senza timore. Boris era diventato un vero problema, il nemico numero uno dei mafiosi.
Poi arriva quella tragica mattina del 21 luglio 1979. Boris si trova al bar Lux in via Francesco Paolo Di Blasi, un posto che per lui era quasi come casa. Sta prendendo un caffè, una pausa come tante, come tutti noi facciamo ogni giorno. Ma proprio lì entra in scena Leoluca Bagarella, uno che si credeva forte. Bagarella gli spara alle spalle, colpendolo senza neanche guardarlo in faccia, perché forse non avrebbe avuto il coraggio di farlo. In un attimo, Boris Giuliano cade lì, nel bar, in una delle zone “bene” di Palermo.
La RAI ha voluto rendergli omaggio. Nel 2016 è stata realizzata una miniserie sulla sua vita, per ricordare il coraggio e non lasciare mai che il sacrificio venga dimenticato. Boris Giuliano ha lottato per noi, per i palermitani, per la Sicilia. Anche a costo della sua vita, ha dato una lezione a tutti: ci sono battaglie che vanno combattute, anche quando fanno paura, anche quando sembra impossibile vincerle.