Dietro il Finestrino: L’Ultima Alba di Mattarella (foto 4)
Ogni volta che passo davanti a questo murales della legalità qui a Palermo, proprio non posso fare a meno di tornare con la mente a quegli anni. Questo pezzo di muro lo ha dipinto Aurelio Cartaino, lo street artist, e ti dico che ha proprio colto l’essenza di quel periodo terribile e della figura di Piersanti Mattarella, un uomo che non si dimentica.
Era il gennaio del 1980, l’alba di un anno che per noi palermitani non sarebbe stato affatto facile. Avevo appena ripreso scuola dopo le vacanze di Natale. Il lunedì c’era un’abitudine: la prof ci faceva leggere il Giornale di Sicilia per poi scegliere un articolo da discutere. Ma quel giorno, non c’era niente da scegliere. La prof aveva già deciso per tutti. Sul banco, appoggiato davanti a noi, c’era il giornale aperto sulla prima pagina. Mi ricordo come se fosse ieri. L’immagine della bara, e quel titolo, grosso grosso, che urlava: “ASSASSINATO L’ON. MATTARELLA – LA SICILIA NELL’ORA PIÙ BUIA.”
Era morto il presidente della Regione Siciliana, Piersanti Mattarella, ammazzato dalla mafia il 6 gennaio, il giorno dell’Epifania. Stava per andare a messa con la famiglia: la moglie, i figli, pure la suocera. Si era appena seduto nella sua Fiat 132, quando uno di quelli – uno di quei disgraziati che ti tolgono il respiro e la speranza – gli si è avvicinato al finestrino e gli ha sparato. Senza pietà, lo ha ammazzato davanti agli occhi di tutti. Una scena tremenda.
Piersanti Mattarella era un uomo che ci credeva, voleva cambiare le cose, fare pulizia, non accettava compromessi. Era uno che camminava dritto e non abbassava la testa. Per questo la mafia lo voleva morto. Lui, a differenza di tanti altri, aveva avuto il coraggio di opporsi a chi comandava sottobanco, a quelli come Vito Ciancimino, ex sindaco e pezzo grosso, vicino ai Corleonesi. Mattarella non voleva che tornasse ad avere potere, lo contrastava in ogni modo. E questo non gliel’hanno perdonato.
Quel giorno, sui giornali e in televisione non si parlava d’altro. Pure la procura, con Falcone in prima linea, ci si è messa. Hanno cercato di scavare, di capire, ma guarda un po’, sugli assassini di Piersanti Mattarella rimangono ancora ombre. Anni di processi, pentiti, confessioni, eppure su chi ordinò quel delitto resta tanto da chiarire. Si sospetta sempre di Cosa Nostra, certo, ma c’è chi dice che dietro ci fossero anche altri giochi, altre mani, altri interessi.
Pochi mesi prima di morire, in una delle ultime dichiarazioni pubbliche sul tema della malavita organizzata, il presidente affermava: “Si deve reagire con fermezza, al di là delle parole, delle celebrazioni che rischiano di assumere un ruolo di rito… Provo un senso di profonda inquietudine, anche per il verificarsi di una specie di assuefazione ai fatti di violenza. Questa frase si può leggere accanto al ritratto di Mattarella nel Muro della Legalità
E poi c’è quella fotografia, scattata da Letizia Battaglia, la fotografa palermitana che abbiamo perso nel 2022. Una foto in bianco e nero che non dimentichi. Ritrae la macchina di Mattarella, crivellata di colpi. Lui, dentro, senza vita. E sullo sfondo, quasi a sembrare in un altro mondo, suo fratello Sergio, oggi nostro Presidente, che lo tiene tra le braccia con un dolore che si sente fin dentro le ossa.
Piersanti Mattarella nacque a Castellammare del Golfo il 24 maggio 1935. Secondogenito di Bernardo Mattarella, uomo politico della Democrazia Cristiana e fratello di Sergio.
Questo murales è più che un ritratto: è una memoria di quel tempo buio, di quell’uomo onesto. Non ti fa dimenticare. Ti guarda e ti dice: “Ricorda cos’è stata la Sicilia, ma ricorda anche che c’è sempre chi ha il coraggio di dire no.