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Volti e voci di giustizia il Muro della legalità a Palermo (quattordicesima puntata)

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Ninni Cassarà: Un uomo, una battaglia senza compromessi

 

Mi trovo qui, davanti al Muro della Legalità a Palermo. I volti e i nomi disegnati su questa parete non sono solo immagini, ma vite, storie, sacrifici. Tra queste, spicca il ritratto di Ninni Cassarà, con quello sguardo che sembra ancora sfidare il silenzio e l’omertà.

Questo ritratto, così vivo, è opera di Antonino Sancarlo, uno degli artisti che hanno partecipato alla creazione di questo murale. Racconta che, anni fa, aveva partecipato a un concorso dedicato a Ninni Cassarà, organizzato dalla madre di Ninni, e il suo lavoro vinse il primo premio. Quando gli è stato chiesto di contribuire al murales, la moglie di Cassarà volle proprio lui per dipingere il volto del marito. “Sembrava destino che fossi io a realizzare l’immagine di Ninni,” dice Antonino. E oggi, guardando quell’immagine, sembra che Cassarà ci parli ancora, ricordandoci il senso della sua battaglia.

Lui era una leggenda vivente, un simbolo di coraggio. Vicequestore, vicedirigente della Squadra Mobile, aveva affrontato Cosa Nostra come pochi altri. Era uno di quegli uomini che non si tirano indietro, che non accettano il compromesso. La sua penna aveva firmato inchieste che avevano fatto tremare i boss, come quella dell’operazione Pizza Connection.

Ecco, immagino quel 6 agosto 1985, il giorno in cui la sua vita venne spezzata. Era un pomeriggio torrido. Ninni stava rientrando a casa, come ogni giorno, nella sua Alfetta blindata. Insieme a lui c’era Roberto Antiochia, un giovane agente di polizia nato a Terni ma cresciuto a Torino. Roberto era uno di quegli uomini che credevano davvero nel valore della giustizia. Aveva lavorato con Beppe Montana, altro gigante della lotta alla mafia, e quando Montana venne assassinato, Roberto, pur essendo in ferie e in procinto di trasferirsi a Roma, decise di tornare a Palermo. Non voleva abbandonare Ninni Cassarà nel momento più difficile.

Quel pomeriggio, però, la mafia li stava aspettando. Quando l’Alfetta entrò nel cortile di viale Croce Rossa, un commando armato di kalashnikov li assalì con una furia inarrestabile. Cassarà e Antiochia non ebbero scampo: furono falciati da decine di colpi. Anche un altro agente venne gravemente ferito, mentre solo Natale Mondo riuscì a salvarsi nascondendosi sotto l’auto.

Mi fermo a guardare il volto di Cassarà sul muro. Penso a quel cortile che si trasformò in un inferno, al sangue che bagnava il cemento, al peso insopportabile di una vita spezzata. Ma penso anche a ciò che è rimasto. Ninni non è solo un nome inciso qui. È il ricordo di chi non ha mai ceduto, di chi ha messo la giustizia al di sopra di tutto, anche della propria vita.

 

Immagino in questo muro anche il volto di Roberto Antiochia, accanto a quello di Cassarà. Due uomini così diversi per età e provenienza, ma legati dallo stesso coraggio, dallo stesso senso del dovere. Roberto non era obbligato a tornare in servizio, ma scelse di combattere al fianco di Cassarà, consapevole dei rischi. Il suo sacrificio, come quello di Ninni, ci ricorda che la lotta alla mafia non è solo una questione di legge, ma di scelte personali, di responsabilità morale.

 

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