Passeggiando nel centro di Palermo con il nostro amico Ruggero arriviamo nel cuore del centro di Palermo, attraversando la Via Maqueda, una strada che ha le sue radici intorno al 1600. Questa via si incrocia con il Cassaro, ora conosciuto come Via Vittorio Emanuele, e dà vita ai Quattro Canti, una piazza di notevole importanza che rappresenta il punto culminante di una vera e propria rivoluzione urbanistica. Questi Quattro Canti furono commissionati dal viceré spagnolo, il marchese di Villena, e progettati dall’architetto Giulio Lasso. Oggi, i Quattro Canti occupano una posizione centrale nel cuore del centro storico di Palermo.
I Quattro Canti di Palermo sono un capolavoro di urbanistica e simbolismo. Si distinguono per i loro prospetti articolati suddivisi su più livelli, ognuno dei quali è adornato da un motivo architettonico unico. Questo design incarna l’idea di ascensione, rappresentando un percorso che va dal mondo naturale al cielo.
Le statue posizionate sui Quattro Canti giocano un ruolo cruciale nel simbolismo della piazza. Ogni livello presenta quattro statue, ognuna delle quali rappresenta un aspetto dell’ascensione verso la perfezione, simboleggiando i tre poteri:
Primo Piano: Il potere della natura è rappresentato da quattro allegorie delle stagioni, catturando l’essenza delle quattro fasi dell’anno.
Secondo Livello: Il potere temporale è enfatizzato attraverso le statue dei quattro sovrani spagnoli che governarono la Sicilia durante il loro regno.
Terzo Piano: Il potere divino è incarnato dalle quattro sante patronesse di Palermo, tra cui Santa Oliva, nata a Palermo nel 448 da una famiglia di cristiani. Santa Oliva è stata proclamata patrona della città nel 1606 insieme ad altre tre sante. Queste quattro sante hanno mantenuto il loro status di patronesse della città fino al 1624, quando sono state sostituite da Santa Rosalia.
Mentre ammiriamo e ci immergiamo nelle figure femminili che rendono unico questo luogo su una Panda Bike eccentrica ma funzionale, una bicicletta con un vano anteriore contenente strumenti musicali come un basso e una chitarra, un artista di strada di nome Raquel si avvicina. Dopo aver sistemato gli strumenti da lavoro e rimboccato le maniche della camicia, Raquel si trasforma nella musica stessa, incantandoci con la sua bellissima voce che intona “Cocciu d’Amuri”:
“Affaccia bedda e senti sta canzuni
La canto sulu a tia cocciu d’amuri
Lu sangu mi fa buddiri ne i vini
Se nun ti viu mi veni di muriri
Affaccia bedda ca si tu a canzuni
E io ca n’anzi a vui scordu i duluri
Li peni sunnu duci si tu mi duni a paci
Io voglio stari sempre a latu i tia
Vitti na l’occhi toi due stiddri
Ca lucinu ‘mmenzu i capiddri
Fila di ferru zuccaru
La facci una bannera
Unni ci batti u suli, suli di primavera.”
Questo brano, scritto e cantato da Lello Analfino, è stato inciso per la colonna sonora del film diretto e interpretato dalla coppia di comici palermitani Salvo Ficarra e Valentino Picone, intitolato “Andiamo a quel paese”.
Prima di entrare nella Chiesa che si trova in uno dei Quattro Canti, notiamo i bellissimi lampioni decorati con figure femminili che stringono in mano tralci d’uva, spighe di grano e fiori, attributi che, secondo la mitologia classica, sono associati a Cerere, la dea della madre terra e della fertilità. Nei basamenti dei lampioni sono raffigurate aquile, simbolo della città.
Sulle sommità dei lampioni, notiamo quattro punti luce, tre a bracci e uno centrale in cima, arricchiti da decorazioni di tipo vegetale. Cristina ci fa notare che le figure riproducono le statue delle stagioni presenti nella piazza, tranne l’inverno. Chiediamo a Ruggero il motivo, e il nostro amico, dopo aver guardato verso le statue delle sante, forse alla ricerca di una risposta, con un sorriso sulle labbra ci dice: “Perché a Palermo, l’inverno non esiste.”
Mentre la voce di Raquel continua a risuonare tra le pietre delle statue e le fontane della piazza, Ruggero ci racconta che sin dalla sua creazione, questa piazza è stata il fulcro della vita sociale di Palermo, un punto di incontro e di snodo per il traffico veicolare, oltre che un luogo per feste, eventi e persino esecuzioni. La più famosa di queste fu l’impiccagione di Giovanna Bonanno.
Giovanna Bonanno è stata il più noto serial killer di Palermo. Nata a Palermo nel 1713 e morta il 30 luglio 1789, la sua vita si svolse nei quartieri più poveri della città, tra il Palazzo della Zisa e il mercato del Capo. A causa del suo aspetto poco attraente e dei tratti non particolarmente gradevoli, venne soprannominata “strega”.
Foto : FOTOGRAFA PALERMO VI EDIZIONE. I Quattro Canti. Foto Pietro Tripoli
Brano tratto dai racconti di “Passeggiata palermitana con Ruggero”