La Strage di via Scobar: Il Coraggio dei Servitori dello Stato
Continuando a leggere tra i volti del murales “il Muro della legalità, vi parlo della strage di via Scobar, un fatto che ha segnato la nostra città e tutta l’Italia. Era il 13 giugno del 1983, in via Cristoforo Scobar, vicino alla circonvallazione di Palermo, tra i palazzoni grigi, che successe un eccidio tremendo.
Lì, davanti al portone di casa sua, cadde il capitano Mario D’Aleo, 29 anni, comandante della Compagnia dei Carabinieri di Monreale. Ma non cadde da solo, no. Insieme a lui, persero la vita pure l’appuntato Giuseppe Bommarito e il carabiniere Pietro Morici. Tre uomini d’onore vero, non quell’onore fasullo dei mafiosi, ma quello di chi serve lo Stato con coraggio.
La scena, ve la potete immaginare? Due killer, spietati, sopra una moto, arrivarono e spararono a D’Aleo senza pietà, una raffica di colpi che non gli lasciò scampo. Bommarito e Morici erano poco più avanti, dentro la loro macchina. Anche loro furono crivellati dai proiettili. Un massacro, proprio lì, sotto gli occhi di una Palermo che si stringeva nel silenzio, ma col cuore spezzato.
E sapete perché Mario D’Aleo era nel mirino della mafia? Perché aveva raccolto il testimone del capitano Emanuele Basile, che tre anni prima era stato assassinato. Basile stava indagando su affari scottanti, quei traffici loschi di Cosa Nostra tra San Giuseppe Jato, Monreale e Altofonte. Voleva colpire gli interessi dei boss, ridurre il loro potere, ma i mafiosi non glielo permisero. Lo uccisero, davanti alla moglie e alla figlioletta. Una scena atroce, che fa rabbrividire solo a pensarci.
Mario D’Aleo, però, non si tirò indietro. Continuò quel lavoro pericoloso, con passione e determinazione, sapendo bene a cosa andava incontro. Ma alla fine, pure lui pagò con la vita. E con lui, i suoi uomini: Bommarito e Morici.
la strage di via Scobar ha una particolarità. Non era mai successo, né prima né dopo, e nemmeno negli anni terribili del terrorismo politico, che a distanza di soli tre anni fossero uccisi i comandanti della stessa compagnia dell’Arma
Per non dimenticare questi tre eroi, un albero è stato piantato nel Giardino della Memoria di Ciaculli. E nella caserma dei Carabinieri di Monreale c’è un bassorilievo che li ricorda, quei servitori dello Stato che hanno dato tutto per difendere la legalità. A Balestrate, il paese natale di Bommarito, c’è una stele che porta inciso il suo nome, un omaggio al figlio di quella terra che ha sacrificato la vita per servire lo Stato.
E ora vi dico chi erano questi tre uomini raffigurati nel murales:
- Mario D’Aleo, nato a Roma il 16 febbraio del 1954.
- Giuseppe Bommarito, nato a Balestrate il 14 luglio del 1944.
- Pietro Morici, nato a Valderice il 21 agosto del 1956.
La storia di questi tre eroi la scritta Francesca Bommarito, sorella dell’appuntato, nel libro Albicocche e sangue.
Il 31 agosto del 1983, il Presidente della Repubblica li ha insigniti della Medaglia d’Oro al Valor Civile alla Memoria. La motivazione? Perché, nonostante i rischi enormi, con grande senso del dovere e sprezzo del pericolo, lottarono contro la mafia, affrontando a testa alta la sfida di Cosa Nostra.
Nel 2001, la giustizia fece il suo corso: la Corte d’Assise di Palermo condannò all’ergastolo diversi mafiosi, tra cui Totò Riina, Bernardo Provenzano e Giuseppe Farinella. Giustizia è stata fatta, almeno un po’, ma il sacrificio di D’Aleo, Bommarito e Morici resta scritto nelle pagine della nostra storia, come un monito per tutti.