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Il Carro Trionfale 2015: Arte e Fede per gli Ultimi

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Il Carro Trionfale è il cuore simbolico del Festino di Santa Rosalia, la celebrazione religiosa e civile più importante della città di Palermo, dedicata alla sua patrona, venerata per aver salvato la città dalla peste nel 1624. Ogni anno il Carro cambia volto, interpretando con linguaggi artistici sempre nuovi lo spirito del tempo e il messaggio della “Santuzza”.

Il Carro Trionfale del 2015 – La Nave degli Ultimi

Nel 2015, in occasione della 391ª edizione del Festino, il Carro Trionfale ha assunto una forma fortemente evocativa: una nave, simbolo di viaggio, salvezza e approdo. Il progetto è stato firmato da Sergio Pausig, artista noto per il suo approccio poetico e sociale all’arte pubblica.

Il carro si presentava interamente ricoperto di juta, materiale povero e grezzo, poi dipinto in oro e blu: l’oro per la sacralità e il valore, il blu per il mare e il cielo, che abbracciano la città di Palermo. Lo scafo, anch’esso dorato, ospitava un dodecaedro – simbolo di armonia e perfezione – decorato con le fotografie di Carlo Bevilacqua, noto fotografo documentarista. Queste immagini erano volti, scene, frammenti di umanità: gli “ultimi” della città, i dimenticati, i fragili, a cui fu dedicata l’intera edizione del Festino.

Un Carro per i Dimenticati

Accanto alla statua di Santa Rosalia, scolpita con un forte senso spirituale e simbolico – con un saio e un mantello mosaicato, illuminata da luci a LED – trovavano posto figure emblematiche:

  • una donna,

  • un anziano,

  • un disoccupato,

  • un disabile,

  • un senzatetto,

  • un detenuto.

Queste presenze non erano solo allegoriche, ma profondamente reali. Con questo gesto, l’artista e l’organizzazione del Festino hanno voluto sottolineare il ruolo di Rosalia come santa del popolo, protettrice di chi non ha voce, capace di farsi carico del dolore collettivo e personale.

Significato Artistico e Sociale

Il carro del 2015 non fu solo una macchina scenica imponente, ma un manifesto sociale, un messaggio di solidarietà e attenzione verso le fragilità. Rappresentava una “barca della salvezza” che accoglieva coloro che la società spesso lascia ai margini. La juta, materiale povero, contrapposta all’oro, suggeriva la dignità che si cela nella semplicità e nelle vite invisibili.

Questo carro ha segnato un punto di svolta nel linguaggio del Festino: non solo celebrazione della fede e della tradizione, ma occasione per riflettere sulla contemporaneità, sulla giustizia sociale e sulla necessità di includere tutti nel racconto identitario della città.

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Salvino Arena

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