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Il mantello “palermitano” di Re Ruggero: un capolavoro normanno custodito a Vienna

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Tra i tesori più straordinari custoditi nella Weltliche Schatzkammer della Hofburg, il museo imperiale di Vienna, c’è un manufatto che racchiude in sé la potenza, la raffinatezza e l’identità di un’epoca: il celebre mantello di Re Ruggero II di Sicilia.
Un oggetto che, pur lontano dalla sua terra d’origine, continua a parlare la lingua di Palermo e della sua stagione più splendente.

Un capolavoro di arte e potere

Il mantello, di forma semicircolare e di oltre tre metri di apertura, è realizzato in seta rossa porpora e ricamato con filigrane d’oro e perle. La scelta del colore non è casuale: il porpora, da secoli riservato a imperatori e re, è simbolo di sovranità assoluta.
L’opera fu confezionata nel tiraz reale di Palermo – un laboratorio di corte specializzato nella creazione di tessuti e ricami destinati esclusivamente ai sovrani – in un’epoca in cui la Sicilia normanna era crocevia di culture e maestranze bizantine, arabe e latine.

Un linguaggio visivo di conquista

Al centro della decorazione campeggia una scena simbolica: due leoni che abbattono due cammelli, immagine allegorica del predominio normanno sulle popolazioni arabe dell’isola.
Fra gli animali si erge un albero della vita, antico simbolo di fertilità e rinascita, che funge da asse di simmetria e unione fra due mondi: la potenza guerriera e la prosperità pacifica.
Questa iconografia, per quanto celebrativa della vittoria normanna, è espressa con un linguaggio visivo e tecnico di chiara impronta islamica, segno di un’arte “meticcia” che a Palermo raggiunse il suo apice.

La voce del mantello

Lungo tutto l’orlo, in eleganti caratteri cufici (scrittura araba antica), si sviluppa un’iscrizione che esalta la gloria e la prosperità del regno. La traduzione recita:

«Eseguito nel tiraz reale di Palermo, dove la felicità e l’onore, il benessere e la perfezione, il merito e l’eccellenza hanno loro dimora; di grandi liberalità, d’alto splendore, di reputazione e di speranze. Possa il tempo scorrere nel piacere senza fine né mutamento, nell’onore, la fedeltà, la diligenza, la felicità e la lunga prosperità, nella sottomissione e nel lavoro che conviene.»

L’uso di questa lingua e di questa calligrafia, pur in un contesto cristiano, era non solo una scelta estetica ma anche un’affermazione di continuità con la raffinata cultura materiale araba che Ruggero II volle integrare nel proprio regno.

Il giorno dell’incoronazione

Il mantello fu realizzato nel 1133 e indossato da Ruggero II nel giorno della sua incoronazione a Palermo, evento che sancì la nascita del Regno di Sicilia come potenza indipendente. Non fu un cimelio relegato a quell’unica occasione: nei decenni successivi, il manto venne utilizzato anche per altre incoronazioni nella capitale siciliana, diventando quasi un “sigillo tessile” della regalità.

Dalla Sicilia a Vienna

Il destino portò però questo tesoro lontano dalla sua terra natale. Con il passare dei secoli, attraverso le vicende dinastiche e politiche che legarono il Regno di Sicilia agli Asburgo, il mantello giunse a Vienna, dove oggi è conservato in condizioni di straordinaria integrità, protetto da un’atmosfera controllata che ne preserva la seta e i ricami.

Un’eredità di splendore

Oggi, osservando il mantello dietro il vetro della Schatzkammer, si ha la sensazione di trovarsi davanti non solo a un indumento regale, ma a un manifesto politico in stoffa, una sintesi perfetta della Palermo del XII secolo: cosmopolita, fiera, artisticamente avanzata e capace di trasformare l’incontro (e lo scontro) fra culture in pura bellezza.

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Immagine di Salvino Arena

Salvino Arena

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