Nascosto tra le imponenti mura del Palazzo dei Normanni a Palermo, esiste un tesoro di storia e cultura che spesso sfugge all’occhio distratto del visitatore: un bassorilievo che celebra un momento fondamentale nella storia della lingua italiana. Scolpito nel 1950 per commemorare il settecentesimo anniversario della Scuola Poetica Siciliana, questo capolavoro dello scultore Silvestre Cuffaro non solo decora il prospetto del palazzo ma racconta un capitolo cruciale dell’epoca sveva.
Il bassorilievo raffigura Federico II di Svevia, imperatore illuminato, circondato dai pionieri della poesia volgare italiana. È qui, nella corte itinerante di Federico II a Palermo, che fiorì la Scuola Poetica Siciliana intorno alla metà del XIII secolo. Questa scuola, formata da un’élite di burocrati e poeti, non solo coltivò l’arte della poesia in lingua volgare, ma elevò il siciliano a lingua letteraria, influenzando profondamente la futura letteratura italiana.
Il De vulgari eloquentia di Dante Alighieri, nel paragrafo 12 del libro primo, riconosce l’importanza storica e culturale di questa scuola, definendo tutta la produzione poetica siciliana come la “scuola siciliana”. Palermo, centro culturale dell’Impero svevo, divenne così la culla della poesia siciliana e, per estensione, della lingua italiana.
Grazie al genio di Federico II, che favorì questo ambiente culturale e linguistico, il volgare siciliano si trasformò da dialetto locale a lingua letteraria illustre, arricchita con influenze provenzali e purificata dalle impurità plebee. Jacopo da Lentini, Pier della Vigna, e altri poeti noti come pionieri della produzione letteraria in volgare, diedero vita a opere che avrebbero stabilito le fondamenta della moderna letteratura italiana.
Il bassorilievo nel Palazzo dei Normanni non è solo un’opera d’arte, ma una testimonianza visiva dell’eredità culturale che, attraverso i secoli, continua a influenzare la letteratura e la lingua italiana che conosciamo oggi.