A Palermo, tra le pietre antiche del centro storico e i profumi intensi della pasticceria siciliana, vive una leggenda dolce come la ricotta e croccante come la scorza di un cannolo. È una storia che affonda le sue radici in un tempo lontano, quando le suore del Monastero di Santa Maria di Monte Oliveto, noto anche come la Badia Nuova, dedicavano le loro giornate alla preghiera, al silenzio e… ai dolci.
Il monastero, situato in Via Incoronazione, proprio accanto alla suggestiva Piazzetta Sett’Angeli, era famoso in tutta la città per la bontà dei dolci preparati dalle suore: le Teste di Turco, piccole delizie farcite di ricotta e ricoperte da uno spesso strato di glassa, e le Cassatelle, raffinate opere d’arte dolciaria rivestite di pasta reale. Le mani sante delle monache trasformavano gli ingredienti più semplici in miracoli di sapore.
Ma un giorno, durante il Carnevale – tempo di burle, travestimenti e risate – una suora, nota per il suo spirito allegro e il cuore generoso, decise di rallegrare le giovani novizie con uno scherzo tanto audace quanto delizioso. Aveva appena terminato di preparare una ricca crema di ricotta, zuccherata e profumata con un pizzico di cannella e scorza d’arancia, destinata alle cassatelle.
Quella notte, in gran segreto, la suora si avventurò nella cisterna dell’acqua, la aprì e vi versò tutta la crema, sostituendo l’acqua con quella dolce sorpresa. Al mattino, ignare, le novizie si avvicinarono ai rubinetti per dissetarsi… ma invece di acqua fresca, videro uscire un fiume denso e bianco di crema di ricotta!
Inizialmente stupite, poi tra urla e risate, si lanciarono in una vera e propria festa improvvisata. Le giovani religiose assaggiarono la crema con le dita, la raccolsero in ciotole, la spalmarono sul pane e persino sulle ostie non consacrate. Il monastero, per un giorno, si riempì di risate più che di canti sacri.
Il nome della burla, tuttavia, nacque proprio da lì: i rubinetti, in siciliano detti “cannoli”, furono associati per sempre a quella dolcezza inaspettata. Da quel giorno, per ricordare quella gioiosa mattina di Carnevale, le suore inventarono un dolce nuovo: una cialda croccante a forma di tubo – simile al rubinetto – farcita con quella stessa, vellutata crema di ricotta. Era nato il cannolo palermitano.
Nel tempo, il dolce uscì dai confini del convento, conquistando prima i mercati popolari di Palermo, poi le feste patronali, infine il cuore di tutta la Sicilia e del mondo intero. Ma pochi sanno che la sua origine non è solo legata alla gastronomia, ma a una risata tra le mura di un monastero, a un piccolo gesto di allegria, alla fantasia di una suora e al sapore genuino della condivisione.
Oggi, chi entra nel monastero di Santa Maria di Monte Oliveto – dove il tempo sembra essersi fermato – può ancora vedere un antico rubinetto, detto “il cannolo delle monache”, conservato come reliquia di quella burla santa che diede origine al dolce più amato di Sicilia.
E ogni volta che si addenta un cannolo, tra la fragranza della scorza e la dolcezza della ricotta, è come se si potesse udire in lontananza una risata di suora, che dal cuore del convento sussurra ancora:
“Che Carnevale sarebbe, senza un pizzico di dolce follia?
Nella foto il CANNOLO che si trova all’interno del monastero di Santa Maria di Monte Oliveto, che è stato al centro della “storiella” che vi abbiamo narrato.