Cerca
Chiudi questo box di ricerca.

Borgo Schirò, il paese fantasma tra le colline di Corleone

Condividi su

Facebook
WhatsApp

A pochi chilometri da Corleone, immerso tra campi brulli e colline silenziose, sorge Borgo Schirò, un piccolo villaggio oggi abbandonato che porta con sé la memoria di un progetto tanto ambizioso quanto destinato al fallimento.

Le origini

Il borgo fu costruito negli anni ’30 e inaugurato nei primi anni ’40 dal regime fascista. L’obiettivo era quello di contrastare lo spopolamento delle campagne dell’entroterra siciliano, incoraggiando le famiglie contadine a stabilirsi vicino alle terre da coltivare. Borgo Schirò nacque come uno dei cosiddetti “borghi rurali”, disseminati in varie zone d’Italia, e rappresentava l’idea di un microcosmo autosufficiente.

Il villaggio era composto da una ventina di abitazioni, una chiesa con canonica, un municipio, una caserma, un ambulatorio medico, un piccolo negozio di alimentari, la sala da barba e persino uno spazio per le attività comunitarie. Attorno alla piazzetta centrale, dominata dalla facciata della chiesa, si svolgeva la vita sociale e religiosa della comunità.

Gli anni della vita

Negli anni ’40 Borgo Schirò contava circa un centinaio di residenti. Le famiglie vivevano di agricoltura, allevamento e piccoli commerci. La domenica la piazza si riempiva di voci, i bambini correvano tra le case e la campana della chiesa scandiva i momenti della giornata.

Eppure, dietro quell’illusione di vitalità, si nascondeva la fragilità del progetto: la distanza dai centri abitati più grandi, la difficoltà di rendere redditizie le terre e la mancanza di prospettive per i giovani.

Il declino

Già tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60 iniziò lo spopolamento. Le famiglie preferivano spostarsi verso Corleone o emigrare, attratte da maggiori possibilità di lavoro e istruzione. Nemmeno la riforma agraria e le attività dell’Ente per la Riforma Agraria riuscirono a invertire la tendenza.

Negli anni ’70, a Borgo Schirò era rimasta soltanto la famiglia Solazzo, che gestiva l’ultimo negozio di generi alimentari e tabacchi. Era il punto di riferimento per i contadini che ancora coltivavano appezzamenti nelle vicinanze. Ma presto anche i Solazzo si trasferirono, lasciando il borgo vuoto.

L’ultimo presidio fu il sacerdote, che continuava a celebrare la messa la domenica, sebbene davanti a pochi fedeli. Ma anche lui fu costretto ad andarsene: la canonica isolata diventava pericolosa al calar del buio e, con il tempo, la chiesa venne completamente saccheggiata. Sparirono i banchi, le statue, i paramenti sacri. Solo il tabernacolo rimase intatto, perché don Pino portava sempre con sé le ostie consacrate.

Oggi: un borgo fantasma

Oggi Borgo Schirò è un luogo sospeso nel tempo. Le case sono in rovina, i muri scrostati raccontano un passato fatto di speranze e fatiche, la chiesa appare spoglia e silenziosa. La natura ha ripreso i suoi spazi, insinuandosi tra le pietre e cancellando i segni della vita quotidiana.

Passeggiando tra le stradine sterrate, si avverte la malinconia di un sogno incompiuto. Borgo Schirò resta testimone della storia di un’epoca, della politica di colonizzazione rurale del regime e delle difficoltà di una terra che, ancora oggi, conosce il fenomeno dello spopolamento.

Il silenzio che avvolge il borgo non è solo quello dell’abbandono: è anche la voce sommessa della memoria, che invita chi passa a non dimenticare.


Vuoi che lo arricchisca ulteriormente con descrizioni più evocative e suggestive (quasi da racconto letterario), oppure preferisci un approccio più storico-documentaristico, con dati e riferimenti precisi?

Lascia un commento

Immagine di Salvino Arena

Salvino Arena

Articoli recenti