Le Fedde del Cancelliere
C’era una volta, nella Palermo del XII secolo, un monastero avvolto dal profumo di mandorle e zucchero. Le monache di quel chiostro, fondato da Matteo d’Ajello, Gran Cancelliere di Sicilia, erano famose per la loro arte dolciaria: dalle loro mani nascevano meraviglie delicate, degne di principi e prelati.
Un giorno, tra impasti di mandorle e profumi di vaniglia, una suora più fantasiosa delle altre modellò due dolcetti tondeggianti, pensati per somigliare a due conchiglie perfette. Ma un’altra sorella, osservandole, scoppiò a ridere:
“A mia, chiù chi conchiglie! Mi parunu i feddi du cancilleri!”
Da quella battuta maliziosa nacque la leggenda delle “Fedde del Cancelliere”, un nome che fece arrossire le suore ma deliziò tutta Palermo. In siciliano, fedde significa “fette”, ma anche “natiche” — e in effetti la forma antica del dolce ricordava proprio due rotondità allegre, come quelle, si dice, del buon Matteo d’Ajello, noto più per la sua golosità che per la sobrietà.
Le monache, tutt’altro che scandalizzate, decisero di conservare la ricetta e di offrirla come augurio di abbondanza alle giovani spose. Così, il dolce irriverente del convento divenne simbolo di prosperità e di gioia carnale mascherata da devozione.
Con il tempo, le Fedde caddero nell’oblio, fino a quando, nel Novecento, riapparvero in una guida del Touring Club del 1931. Poi di nuovo silenzio, finché il progetto I Segreti del Chiostro di Maria Olivieri non le riportò in vita tra le mura del Convento di Santa Caterina d’Alessandria, nel cuore di Palermo.
Oggi le Fedde del Cancelliere si presentano come eleganti conchiglie bivalve, realizzate con una cerniera di metallo che unisce due gusci di pasta di mandorle. All’interno, una crema di biancomangiare — bianca come un voto monacale — incontra la dolce confettura d’albicocche, in un abbraccio che profuma di storia e di peccato veniale.
Lo stesso Giuseppe Tomasi di Lampedusa, nel suo Gattopardo, ironizzò su di loro, scrivendo che “solo pronunciarne il nome era già peccato”.
E forse aveva ragione. Perché le Fedde del Cancelliere, più che un dolce, sono una carezza proibita, un sorriso malizioso nascosto tra le pieghe della devozione siciliana.