Sul lungomare Peppino Impastato di Terrasini, dove il mare abbraccia la pietra e il vento porta con sé echi di voci antiche, una panchina racconta la storia di Rosa Balistreri. È una delle cinque panchine letterarie dedicate ai grandi nomi della cultura siciliana — insieme ad Andrea Camilleri, Giovanni Meli, Leonardo Sciascia e Giuseppe Tornatore — ma quella di Rosa è diversa: è la voce di una donna che ha trasformato il dolore in canto, la rabbia in arte, la Sicilia in poesia.
Realizzata da Roberta D’Asta e Chiara Giordano per l’associazione “A Tutta Vita”, la panchina di Rosa Balistreri si presenta come un libro aperto, colorato e vivo. Le sue pagine raccontano, con immagini e parole, la forza di una donna che nonostante tutto ha continuato a cantare. Sulle superfici si intrecciano note musicali e frasi che parlano di libertà, di dignità e di una Sicilia cruda ma autentica, come la sua voce roca e inconfondibile.
Rosa Balistreri — “La cantatrice del Sud” — ebbe una vita tormentata, segnata dalla povertà, dalla violenza e da due carcerazioni. Eppure, dalle sue ferite nacque una musica vera, che seppe commuovere artisti come Ignazio Buttitta, Dario Fo e Mario De Micheli. Dopo anni a Firenze e poi a Palermo, trovò nel canto popolare il mezzo per dare voce a chi voce non aveva: donne, contadini, emarginati. Le sue ballate — La ballata del sale, Buela, Ohi Bambulè — sono inni alla resistenza e alla dignità umana.
Sedersi sulla panchina dedicata a lei significa fermarsi un momento e ascoltare quel canto che ancora oggi attraversa l’isola. È un invito alla riflessione, ma anche alla speranza: perché nelle sue canzoni, come nei colori della panchina, vive la forza indomabile di chi non si è mai arreso.
A Terrasini, tra il mare e la memoria, la panchina di Rosa Balistreri non è solo un omaggio: è un simbolo. Ricorda che la cultura nasce anche dal dolore, che la bellezza può fiorire ovunque, e che le voci autentiche — come quella di Rosa — non smettono mai di parlare al cuore della Sicilia e di chi la ama.