ADDUMANNAVANO PANI, PASTA E DIGNITA’
Addumannavanu pani, pasta e dignità
stamu parranu di una stragi ormai
scurdata.
Era di ioviri, sbrizziava
u cielu era scurusu, parieva siddiatu
e a manu a manu s’avanzava
sempri chiù assai a gienti addivintava
Annurbati pu pitittu
i facieva iri sempri rittu.
Ieranu iunti d’avanzi o ntratuni du palazzu
runni fa bella mostra U Geniu nta l’arazzu.
Quannu, cu stava bellu assittatu
detti l’ordini disgraziatu.
Supra a iddi sparati.
I surdati, forsi puru scantati,
chi muschietti ci spararu e
i bummi a manu ci tiraru
a di poviri dispirati.
Picca secunni abbastaru pi caricari e
e dari siecutu all’ordini di ammazzari
senza mancu pinsari.
Vintiquattru cuorpi ntierra arristaru,
ieranu uomini, ruonni e picciririddi
chiddi chi ncielu vularu.
Addumannavanu pani, pasta e dignità
chista fu una stragi chi avi a esseri
ricurdata … e non ammucciata.
di SALVATORE ARENA
Traduzione
CHIEDEVANO PANE, PASTA E DIGNITA’
Chiedevano pane, pasta e dignità
stiamo parlando di una strage ormai
dimenticata.
Era di giovedì e piovigginava
Il cielo era buio, sembrava triste
e a mano a mano si avanzava
sempre più numerosa la gente diventava.
Accecati dalla fame
li faceva andare sempre dritto
erano giunti davanti l’entrata del palazzo
dove fa bella mostra l’arazzo con “il genio”
quando, chi stava comodamente seduto
diede l’ordine disgraziato.
Sparategli addosso
i soldati, forse pure spaventati
con i moschetti spararono e
bombe a mano lanciarono
contro quei poveri disperati
Pochi secondi bastarono per caricare e
dare seguito all’ordine di “ammazzare”
senza neanche riflettere.
Ventiquattro corpi a terra rimasero,
erano uomini, donne e bambini
quelli che in cielo volarono
Chiedevano pane, pasta e dignità.
Questa è la strage che deve essere
ricordata e ….. non nascosta.
Un giovedì mattina di fine ottobre del 1944, a Palermo, una folla disperata di uomini, donne e bambini improvvisarono un corteo per chiedere al governo pane, pasta e un lavoro che desse loro dignità.
“I disperati” erano appena giunti all’altezza di Palazzo Comitini, in via Maqueda, allora sede della Prefettura e dell’Alto Commissariato per la Sicilia (la Sicilia era stata da qualche mese restituita dalla amministrazione anglo-americana al governo italiano del Regno del Sud), quando un Reggimento dell’Esercito italiano sparò, ad altezza d’ uomo, contro la folla di manifestanti.
Quel 19 ottobre 1944, Il vice prefetto, che in quel momento era la più alta carica governativa in città, in preda a paura e preoccupazione, invece di tentare di sedare gli animi, chiamò per telefono il comando militare della Sicilia e chiese l’invio di un congruo contingente di soldati.
Il generale Giuseppe Castellano, il comandante della divisione Sabauda, da cui dipendevano i militari del 139° Reggimento Fanteria ordinò di sparare ad altezza d’ uomo.
Bastarono una trentina di secondi per scatenare l’inferno, i soldati risposero agli insulti con bombe a mano e moschetti, i disperati cercarono di disperdersi cercando invano ripari.
Il bilancio di quella brutale e insensata repressione fu drammatico: 24 morti e 158 feriti. La cosiddetta “Strage del Pane” fu uno degli eccidi più efferati della storia di Sicilia e fu coperta, per troppo tempo, da un oscuro alone di insabbiamenti, depistaggi e false verità ufficiali.
In uno dei saloni di Palazzo Comitini, oggi sede di rappresentanza della “provincia di Palermo”, in un arazzo è rappresentato “Il Genio di Palermo”.