Puntata diciannovesima. La mia vacanza palermitana con il mare negli occhi
Lo slargo in prossimità del mare, di fronte a Villa Giulia, era un tempo conosciuto come “La piccola Mondello”. Ci siamo chiesti perché fosse chiamato così, visto che oggi non sembra esserci nulla che ricordi la famosa borgata marinara di Mondello.
Negli anni Sessanta e Settanta, lungo la battigia di Mondello, nei pressi della piazza, sorgevano una serie di baracche allineate che vendevano fritti di mare e polpo bollito. Sul retro, direttamente affacciati sul mare, erano sistemati tavoli e sedie dove si potevano gustare queste prelibatezze.
I frutti di mare erano così gustosi che era difficile smettere di mangiarli, nonostante non saziassero mai del tutto. Alla fine, però, l’unica cosa che aumentava davvero era il conto da pagare! Come diceva un vecchio detto popolare: “Rizzi, patieddi e granci: spenni assai e nenti manci”, ma, nonostante tutto, ci si alzava da tavola soddisfatti, con il sapore del mare ancora in bocca.
Anche qui, nello slargo di fronte a Villa Giulia, seppure in misura ridotta, si trovavano venditori di frutti di mare. Ricordo Ricotta, i Seminara e un certo Minicheddu. Davanti a noi, oggi, si apre una bellissima caletta: questo è il porticciolo di Sant’Erasmo.
Un tempo, Sant’Erasmo era un importante centro produttivo e punto di approdo situato fuori dalle mura cittadine. A partire dagli anni ’80, però, iniziò un lento declino, e la zona divenne degradata, soffocata da case diroccate, edifici abusivi, rifiuti e impianti industriali dismessi.
Nel 2018 è iniziato un importante piano di riqualificazione del porticciolo di Sant’Erasmo. Oltre alla bonifica del sito, sono stati realizzati nuovi spazi per i cittadini, tra cui una pista ciclabile, un giardino, un’area pavimentata e una terza area con installazioni scultoree e architettoniche.
Dove un tempo sorgevano edifici fatiscenti, oggi ci sono tre nuove strutture che ospitano un ristorante, una gelateria e un urban center per attività culturali e di promozione del territorio. Questi nuovi edifici, volutamente decontestualizzati, evocano l’immagine di una nave ancorata nel porto.
Dopo anni di abbandono, i palermitani hanno finalmente riabbracciato il mare, ridandogli un senso di appartenenza. La costa è stata trasformata in uno spazio che integra attività portuali e usi pubblici, riconnettendo Palermo al suo mare.
Ciò che rende particolarmente orgoglioso il nostro amico Ruggero è l’uso di materiali tipici della tradizione palermitana, come il marmo Billiemi, per la pavimentazione. Questo marmo, infatti, caratterizza il centro storico della città, e le antiche basole sono state restaurate e riposizionate, rafforzando così il legame ritrovato con la costa.
Il marmo grigio Billiemi viene estratto dalle cave situate nei Monti di Palermo, una catena montuosa di origine calcarea che si estende a nord-ovest della città, sovrastando i quartieri di Borgonuovo, CEP e Cruillas. Queste montagne, quasi prive di alberi, sono dominate dalla presenza di arbusti tipici della macchia mediterranea.
Utilizzato da oltre 1.000 anni, il marmo Billiemi è presente in numerose opere monumentali, tra cui i Quattro Canti, la chiesa di Casa Professa a Palermo, e nel restauro di antiche strade del centro storico palermitano, note come “balate” o “basole”.
Foto: Il porticciolo di Sant’Erasmo.
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